Iva di gruppo, presupposti applicativi da verificare

L’art. 1, co. 1, D.M. 13 dicembre 1979 stabilisce – in attuazione dell’art. 73, co. 3, D.P.R. n. 633/1972 – che i versamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto possono essere effettuati da un soggetto passivo diverso dall’impresa che ha generato il debito tributario, qualora la stessa appartenga ad un gruppo, e la propria controllante – ovvero una di livello superiore – abbia esercitato, in presenza dei necessari presupposti, la relativa opzione, entro il 16 febbraio dell’anno di riferimento. In altri termini, ai fini Iva, i versamenti dovuti dagli appartenenti ad un’aggregazione di imprese possono essere effettuati dalla controllante, per l’ammontare complessivo del debito della stessa e delle proprie controllate, al netto delle eccedenze detraibili risultanti dalle liquidazioni periodiche. L’adozione di tale regime comporta, inoltre, una diversa procedura di presentazione delle relative dichiarazioni, formalità anch’essa a carico della controllante che ha manifestato la volontà di accesso al beneficio.
L’esercizio dell’opzione per l’accesso al regime in parola – da eseguirsi, con riferimento all’anno 2016, entro il prossimo 16 febbraio – presuppone, tuttavia, la sussistenza del requisito del controllo, da verificarsi, in primo luogo, sulla base delle prescrizioni formulate dall’art. 2, co. 1, D.M. 13 dicembre 1979, secondo cui si considerano controllate esclusivamente le s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l. le cui azioni o quote sono possedute – in misura superiore al 50,00% del loro capitale, fin dall’inizio dell’anno solare precedente, ininterrottamente (C.M. 28 febbraio 1986, n. 16) – dalla controllante, oppure da una propria controllata. Conseguentemente, nel caso di opzione per il periodo d’imposta 2016, è necessario il controllo, senza soluzione di continuità, almeno dal 1° gennaio 2015, escludendo dal computo le partecipazioni prive del diritto di voto, come le azioni di godimento o risparmio. Non possono, pertanto, beneficiare dell’Iva di gruppo le società che soltanto occasionalmente o temporaneamente sono tra loro vincolate: tale circostanza non ricorre, tuttavia, nel caso in cui il pacchetto di controllo sia stato trasferito, durante l’anno 2015, da una ad altra società già controllata al 1° gennaio 2015.
Ai fini dell’accesso al regime dell’Iva di gruppo, non rilevano le situazioni di controllo congiunto, come nel caso in cui la Alfa s.p.a. controlli la Beta s.a.p.a. e la Delta s.r.l., che possiedono congiuntamente la maggioranza del capitale della Gamma s.r.l., ad esempio, il 51,00%. Quest’ultima società non può, pertanto, essere considerata, per l’applicazione dell’Iva di gruppo, controllata dalla Alfa s.p.a. (ipotetica controllante dell’Iva a livello consolidato) – né dalle proprie controllate (Beta s.r.l. e Delta s.a.p.a.) – in quanto non è rispettato il criterio del controllo a catena indiretto, per ogni anello della stessa, che deve sussistere, come anticipato, dall’inizio dell’anno solare precedente a quello di esercizio dell’opzione. Al contrario, è prospettabile l’opzione per la liquidazione consolidata dell’imposta, se Alfa s.p.a. controlla la Beta s.a.p.a. che controlla la Gamma s.r.l. autonomamente, senza il concorso di altre imprese. Rileva, quindi, il principio civilistico di cui all’art. 2359, co. 1, c.c., che contempla la fattispecie di controllata per interposizione di altre società controllate, pur non essendo stato completamente recepito ai fini Iva: è stata, infatti, assunta la nozione di controllo di diritto indicata dal n. 1), e non quella di fatto prevista dai successivi 2) e 3), e rappresentata dalla situazione di società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra impresa in virtù di azioni o quote da questa possedute, ovvero per effetto di particolari vincoli contrattuali con essa intercorrenti. In altri termini, ai fini dell’Iva di gruppo, una società controllata può avere, nell’ambito di una catena di controllo, solo e non più di una società direttamente controllante, in capo alla quale l’Erario potrà verificare il possesso della maggioranza delle azioni.
L’opzione per l’Iva di gruppo è invocabile anche dalla società residente in un altro Stato membro dell’Unione Europea, costituita in una forma giuridica equipollente a quella di società di capitali del diritto italiano, ed identificata nel territorio dello Stato, direttamente ovvero tramite il rappresentante fiscale o la stabile organizzazione (R.M. 21 febbraio 2005, n. 22/E).
L’esercizio dell’opzione di cui all’art. 73, co. 3, D.P.R. n. 633/1972 non è circoscritto alla capogruppo civilistica, essendo invocabile – in qualità di “controllante Iva” – da un soggetto diverso, purchè controlli altre società, e a condizione che ogni impresa che la precede nel controllo rinunci ad avvalersene, a norma dell’art. 2, co. 2, D.M. 13 dicembre 1979. A questo proposito, la C.M. n. 16/1986 ha precisato che la sub-holding, affinché possa legittimamente avanzare tale pretesa, deve produrre “tante dichiarazioni di rinuncia quante sono le società che la precedono nel controllo”: in mancanza, può partecipare alla disciplina dell’Iva consolidata soltanto come controllata, se la capogruppo esercita l’opzione per la liquidazione di gruppo dell’imposta sul valore aggiunto.
L’opzione per l’Iva di gruppo non può essere esercitata dalla società di persone, neppure se controlla – a norma dell’art. 2, co. 1, del D.M. 13 dicembre 1979 – una società di capitali (C.M. 16/1986).

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