Plafond Iva e cessioni intracomunitarie: nuovi chiarimenti dell’Agenzia

Con due risposte pubblicate oggi, l’Agenzia delle entrate affronta due tematiche legate all’Iva nei rapporti con l’estero.

Con la risposta n. 304, in materia di esportatore abituale, ha ritenuto che non sia utilizzabile il plafond in relazione ad un accordo transattivo per la risoluzione di due contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto degli immobili. In particolare, si chiedeva di utilizzare il plafond in relazione alle somme (in esecuzione dell’accordo di transazione) che la società conduttrice doveva pagare alla società concedente con emissione di fattura non imponibile art. 8, lett. c), del DPR n. 633/72. Secondo l’Agenzia, pur senza particolare motivazione, tali somme costituiscono il corrispettivo per l’acquisizione di un immobile e, come tali, è preclusa la possibilità di utilizzo del plafond, in quanto il citato art. 8, co. 1, lett. c), del DPR 633/72, contiene un espresso divieto riferito all’acquisto di fabbricati ed aree edificabili. In passato, l’Agenzia aveva ritenuto di estendere tale divieto anche all’acquisizione di fabbricati in leasing, nonostante nel recente passato la giurisprudenza di legittimità avesse sconfessato la posizione dell’Amministrazione finanziaria.

Con la risposta n. 305, invece, l’Agenzia torna ad occuparsi del tema della prova delle cessioni intracomunitarie di beni di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/93, confermando da un lato che le presunzioni introdotte dall’art. 45-bis del Regolamento n, 282/2011, in vigore dal 1° gennaio 2020, sono relative e restano quindi validi i mezzi di prova già esistenti prima dell’introduzione del Regolamento stesso, ed individuati in diversi documenti di prassi dell’Agenzia. Tuttavia, con riferimento all’istanza presentata dal contribuente, l’Agenzia ha ritenuto di non accogliere i mezzi di prova indicati nell’istanza stessa, in quanto non conformi alla prassi dell’Agenzia delle entrate. In particolare, il soggetto istante proponeva due soluzioni in merito ad una cessione “franco fabbrica” (quindi con trasporto a cura del cessionario comunitario). La prima prevede l’acquisizione, contestualmente alla consegna dei beni, di una dichiarazione sostituiva di atto notorio con cui il cessionario dichiara di essere soggetto passivo Iva nel Paese comunitario di destinazione finale dei beni, e di poter provvedere con mezzi propri al trasporto dei beni. Inoltre, viene emessa fattura non imponibile art. 41 del DL n. 331/93 e vene conservata la descritta documentazione unitamente agli elenchi Intrastat. La seconda soluzione, invece, prevede l’emissione di una fattura con Iva, con successiva emissione di una nota di variazione in diminuzione ex art. 26 e di una fattura non imponibile art. 41 del DL n. 331/93, nel momento in cui si acquisisce la dichiarazione del cessionario di avvenuta ricezione della merce presso il suo stabilimento situato nel territorio dello Stato membro. Entrambe le soluzioni sono state “bocciate” in quanto la prima non è conforme alle indicazioni della prassi dell’Agenzia, mentre per la seconda l’emissione di una nota di variazione non sarebbe legittima poichè la questione attiene ai mezzi di prova e non alla natura dell’operazione (che rientra tra quelle non imponibili).

 

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