REGIME FISCALE DEI MINIBOND

Le varie modifiche normative che hanno interessato gli strumenti finanziari di debito emessi da società non quotate, suggeriscono una breve disamina dell’attuale trattamento tributario dei minibond, sia dal lato della società emittente, sia dal lato del sottoscrittore.

Fiscalità impresa emittente

Dal lato dell’impresa emittente occorre considerare due principali aspetti:

  • La deducibilità degli interessi relativi al titolo emesso
  • La deducibilità delle spese di emissione

In relazione al primo aspetto, deduzione degli interessi passivi, si evidenzia la sostanziale eliminazione delle previgenti limitazioni, ad opera del Decreto Sviluppo (D.L.  n. 83 del 22.06.2012), che condizionavano la misura della deducibilità ai parametri di rendimento dei prestiti obbligazionari. Tale norma antielusiva mirava ad evitare arbitraggi di natura fiscale tra il capitale proprio ed il capitale di rischio nei rapporti società/soci.

Attualmente quindi gli interessi passivi gravanti sul minibond emesso da società diversa dai cd. grandi emittenti, rientrano nelle normali regole di deduzione di cui all’art. 96 TUIR (limite del 30% ROL fiscale), a due condizioni:

  1. il titolo sia negoziato in mercato regolamentato (tipicamente ExtraMOT PRO o ExtraMOT PRO3)
  2. se non negoziato, il titolo sia sottoscritto da investitori qualificati (ex art. 100 TUF) che rispondano ai seguenti requisiti:
  1. non detengano, direttamente o indirettamente, più del 2% del capitale o patrimonio della società emittente;
  2. il cui beneficiario effettivo sia residente in Italia o in uno Stato che consenta un adeguato scambio di informazioni.

Nel caso in cui i titoli non venissero quotati è quindi necessario acquisire una certificazione da parte del sottoscrittore, il quale attesti di rispondere ai suddetti requisiti.

In tema di deduzione delle spese di emissione, intendendosi per tali i compensi professionali dei consulenti, le commissioni di collocamento le commissioni di rating etc, possono essere dedotte fiscalmente in base al criterio di cassa, anticipando quindi la deduzione interamente nell’anno in cui vengono sostenute, anziché in base all’ordinario criterio di competenza ed a prescindere dall’imputazione a bilancio. Questa possibilità di natura agevolativa, introdotta dal Decreto Crescita del 2012, è tuttavia facoltativa e non obbligatoria.

Fiscalità del sottoscrittore

Il Decreto Sviluppo del 2012, sempre con la finalità di parificare la disciplina dei prestiti obbligazionari emessi da società diverse da quelle quotate – e dalle banche -, ha modificato anche la tassazione sui proventi (interessi) percepiti dai sottoscrittori.

E’ stata quindi estesa l’applicazione del regime di cui al D. Lgs. 239/1996 anche ai minibond emessi da società non quotate, qualora sussistano condizioni analoghe a quelle viste sopra in tema di deduzione lato emittente, ossia:

  1. i titoli siano negoziati in mercati regolamentati (anche di altri Stati membri dell’UE e degli Stati allo SEE in white list);
  2. se non quotati, essi siano detenuti (i.e. sottoscritti e circolanti) da investitori qualificati ex art. 100 del TUF.

 

Applicandosi il regime del D.Lgs 239/96:

  • i percipienti persone fisiche, società semplici, enti pubblici e privati, trust, soggetti esenti dall’imposta sul reddito delle società, che siano residenti in Italia (cd. nettisti) non sono soggetti ad applicazione della ritenuta ma ad un’imposta sostitutiva pari al 26% sugli interessi percepiti;
  • le società commerciali residenti in Italia ed organismi di investimento collettivo del risparmio (cd. lordisti) sono anch’essi esentati dall’applicazione della ritenuta a titolo di acconto sugli interessi percepiti;
  • la ritenuta non si applica nemmeno agli interessi percepiti da soggetti non residenti inclusi nella “White list” e da investitori istituzionali esteri.

 

Infine, il Decreto Competitività (D.L.  n. 91 del 24.06.2014, ha previsto che, a prescindere dalla quotazione dei titoli, la ritenuta non si applichi agli interessi corrisposti ad organismi di investimento collettivo del risparmio, istituiti in Italia o in uno Stato membro UE, il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50% in tali titoli e le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati.

 

 

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