Gli effetti dell’opzione per l’Iva di gruppo

La presentazione, tempestiva o tardiva, del modello Iva 26 ha validità esclusivamente annuale, espressamente rinnovabile – non essendo contemplata la proroga tacita, in quanto non rileva il c.d. comportamento concludente (Cass. 30 luglio 2009, n. 17707 e 29 luglio 2009, n. 17576) – e vincolante per tutto il periodo di riferimento, nei confronti di ogni società aderente alla liquidazione di gruppo (salvo l’insorgere di una causa di decadenza dal regime). L’art. 73, co. 3, D.P.R. 633/1972 stabilisce, infatti, che le società partecipanti alla liquidazione di gruppo perdono la disponibilità dei propri crediti o debiti Iva periodici, che devono essere trasferiti alla fiscal unit, e non possono essere autonomamente compensati o richiesti a rimborso: la partecipante all’Iva di gruppo non può, quindi, usare una parte dell’eccedenza detraibile per compensare debiti tributari o contributivi, dovendo trasferire l’intero credito alla controllante (R.M. 9.7.2002, n. 221/E).
Ogni controllata ha, infatti, l’obbligo di liquidare periodicamente, in via autonoma, l’imposta sul valore aggiunto, e trasferire il relativo saldo a credito o debito alla controllante, affinché possa provvedere agli adempimenti di propria competenza, ovvero la determinazione del tributo dovuto dal gruppo – al netto delle eccedenze detraibili – ed il relativo versamento.
La controllante dell’Iva di gruppo deve, poi, provvedere alla presentazione delle dichiarazioni delle società partecipanti alla procedura di liquidazione: l’ammontare dell’imposta complessivamente dovuta è determinato effettuando una somma algebrica, tra gli importi a debito e quelli a credito risultanti dalle liquidazioni delle società appartenenti al perimetro dell’Iva di gruppo, estinguendosi così automaticamente, all’interno dell’aggregazione stessa, le situazioni debitorie di alcune con quelle creditorie di altre. Conseguentemente, si configura, nella forma di compensazione consolidata, un sostanziale “rimborso del credito interno al gruppo”, soggetto alla prestazione – in sede di presentazione della dichiarazione annuale, per l’importo compensato, a prescindere da quello trasferito (R.M. 20 dicembre 1989, n. 626305) – dell’adeguata garanzia di cui al novellato art. 38-bis, D.P.R. 633/1972, ove prevista (C.M. 30 dicembre 2014, n. 32/E) da parte della società la cui eccedenza detraibile si estingue (art. 6, co. 3, D.M. 13 dicembre 1979), a beneficio del pagamento del debito Iva altrui.
Qualora ricorra l’obbligo di prestazione della garanzia da parte della controllata, la stessa può essere fornita mediante diretta assunzione della capogruppo controllante di cui all’art. 2359 c.c. dell’obbligazione dell’integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all’Amministrazione Finanziaria, anche in caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata. La società capogruppo o controllante (C.M. 12 giugno 2002, n. 189/E) in parola è, in ogni caso, quella posta al vertice, ovvero ossia quella preposta alla redazione del bilancio consolidato, sempre che il patrimonio netto del gruppo superi l’importo di euro 250.000.000 (C.M. 30 dicembre 2014, n. 32/E, par. 4.6).
La garanzia prestata decorre dal momento dell’erogazione del rimborso, ed è rilasciata per una durata di tre anni, ovvero del minor periodo mancante alla decadenza dei termini dell’attività di accertamento. A questo proposito, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha sostenuto, con il parere del 18 novembre 2011, che la controllata non deve prestare alcuna garanzia, qualora trasferisca alla liquidazione di gruppo eccedenze Iva sia a credito che a debito, ma con saldo complessivo passivo: in assenza dell’esercizio dell’opzione, la controllata avrebbe, infatti, potuto operare autonomamente la compensazione integrale del credito Iva, versando il residuo. Il documento in parola ha, inoltre, esaminato il caso particolare in cui i crediti trasferiti dalla controllata, nell’anno di validità dell’opzione, non siano stati utilizzati nella liquidazione di gruppo, rimanendo nell’esclusiva disponibilità della controllante, che li può richiedere a rimborso, oppure utilizzare in detrazione nell’anno successivo (art. 5, co. 3, D.M. 13 dicembre 1979): al ricorrere di tale ipotesi, il CNDCEC – coerentemente con l’orientamento desumibile dalla prassi dell’Amministrazione Finanziaria (R.M. n. 626305/1989) – è dell’avviso che l’obbligo di prestazione della garanzia debba, invece, ricadere esclusivamente sulla controllante, esonerando la controllata da qualsiasi responsabilità derivante da un eventuale inadempimento fideiussorio.
La partecipazione all’Iva di gruppo è, tuttavia, preclusa alle eccedenze detraibili risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, riguardanti le società differenti da quelle che, anche per l’anno in corso, sono state interessate dall’esercizio dell’opzione. Tali crediti Iva rimangono, pertanto, definitivamente nella disponibilità esclusiva del soggetto in capo al quale si sono formati, che li può compensare orizzontalmente, ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ovvero richiedere a rimborso, previa verifica della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 30, D.P.R. n. 633/1972, esclusivamente nel primo anno di ingresso nell’Iva di gruppo e con riferimento all’eccedenza detraibile maturata nell’ultimo anno. Nei periodi d’imposta successivi, per le eccedenze detraibili riportate a nuovo e non confluite nell’Iva di gruppo, si potrà invocare – ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di rimborso – il solo presupposto del minor credito del triennio (RR.MM. 11 maggio 2011, n. 56/E e 14 febbraio 2008, n. 4/DPF).
Le altre situazioni, indicate dalla predetta norma, legittimanti la domanda di restituzione potranno, infatti, essere fatte valere unicamente rispetto ai crediti confluiti nell’Iva di gruppo, da parte della società controllante. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha altresì chiarito che, nel caso di fusione per incorporazione – intervenuta nel primo anno di opzione dell’incorporante per l’Iva di gruppo – di una società esterna alla fiscal unit, il credito maturato dall’incorporata, nel periodo d’imposta della fusione (R.M. 29 luglio 2011, n. 78/E) oppure in quello precedente (R.M. 22 settembre 2010, n. 92/E), non può mai confluire nell’Iva di gruppo. L’orientamento in parola appare, peraltro, coerente con il principio generale secondo cui l’incorporante subentra, a titolo universale, in tutti i diritti e gli obblighi dell’incorporata, assunti nella medesima configurazione che gli stessi avevano in capo a quest’ultima: conseguentemente, la mancata partecipazione dell’incorporata al gruppo Iva, sin dall’inizio dell’anno, comporta l’intrasmissibilità alla fiscal unit dell’eccedenza detraibile ante-fusione, nonostante l’intervento dell’operazione straordinaria.
La società incorporante può, pertanto, far confluire nella propria liquidazione e, quindi, trasferire al gruppo soltanto il debito o credito derivante dalle operazioni compiute dall’incorporata nel mese o trimestre in corso alla data di decorrenza degli effetti della fusione: non essendosi ancora conclusa la liquidazione periodica, le medesime cessioni di beni o prestazioni di servizi devono, infatti, essere considerate come compiute, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, direttamente dall’incorporante.

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