Società di comodo e rimborso Iva

L’art. 30, co.4, L. 724/94, riguardante il presupposto soggettivo del rimborso, stabilisce che le società di comodo – non operative ai sensi del precedente co. 1, oppure in perdita sistematica – non possono chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva, né possono compensarlo e neppure cederlo.
Tale disciplina delle società di comodo può, tuttavia, essere disapplicata in virtù di quanto disposto dal successivo co. 4-bis dell’art. 30, L. 724/1994 – così come modificato dall’art. 7, co. 12, lett. a), DLgs 24.9.2015, n. 156 – secondo cui, “in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo”, la società interessata può interpellare l’Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. b), L. 27.7.2000, n. 212 (c.d. interpello probatorio). In assenza di istanza di interpello, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso, il contribuente può disapplicare la disciplina delle società di comodo mediante la presentazione dell’istanza di interpello – riportando nel modello Unico l’esito della stessa – oppure tramite l’autovalutazione della sussistenza delle “oggettive situazioni” di cui all’art. 30, co. 4-bis, L. 724/1994 di cui deve essere fornita indicazione in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi.
A questo proposito, la CM 1.4.2016, n. 9/E, par. 1, ha precisato che la società di comodo intenzionata a richiedere il rimborso Iva può presentare – al fine di attestare il ricorrere di tali “oggettive situazioni” – una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi degli artt. 47 e 76, DPR 28.12.2000, n. 445, mediante compilazione dell’apposito campo del quadro VX della dichiarazione Iva.
L’esistenza della dichiarazione sostitutiva e l’assenza di ulteriori cause ostative consentono l’erogazione del rimborso in procedura ordinaria o semplificata: in alternativa alla dichiarazione sostitutiva, la società ha la facoltà di presentare, prima della richiesta di rimborso, l’istanza di interpello ai fini della disapplicazione della disciplina delle società non operative e di quella delle società in perdita sistematica (CM 11.6.2012, n. 23/E, e CM 14.6.2010, n. 32/E). A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, qualora siano presentate preventivamente le istanze di interpello, sia in qualità di società non operativa che in perdita sistematica, il rimborso viene erogato o denegato a seguito dell’esito, anche tacito, degli interpelli: nel caso in cui l’istanza riguardi soltanto alcune attività considerate dall’art. 30, co. 1, L. 724/1994, ovvero interessi soltanto parte del triennio rilevante per la determinazione dei ricavi presunti (CM 4.5.2007, n. 25/E), l’Amministrazione Finanziaria – a seguito di risposta favorevole al contribuente, ed esclusa la perdita sistematica – chiede alla società di produrre il test di operatività opportunamente rielaborato in base alle risultanze dell’interpello (CM 33/E/2016, par. 1).
Se la società presenta unicamente l’istanza ai fini della disapplicazione della disciplina delle società non operative, l’Agenzia delle Entrate, in attesa della risposta all’interpello, verifica che la società non sia in perdita sistematica sulla base del periodo di osservazione: nell’ipotesi in cui l’interpello abbia esito positivo e la società non risulti essere in perdita sistematica, il rimborso può essere erogato. Diversamente, qualora l’interpello abbia un esito negativo, o la società sia in perdita sistematica, oppure si verifichino entrambe le suddette condizioni, il rimborso è denegato.
Nell’eventualità, invece, della trasmissione dell’istanza d’interpello esclusivamente per la disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica, l’Amministrazione Finanziaria, in attesa della risposta, domanda alla società di produrre il test di operatività di cui all’art. 30, co. 1, L. 724/1994. In questo caso, il rimborso è erogato a seguito di esito favorevole al test di operatività e all’interpello presentato: qualora la società non dia riscontro alla richiesta dell’Agenzia delle Entrate e la risposta all’interpello sia favorevole al contribuente, il rimborso può essere erogato sulla base degli elementi di operatività desumibili dalla dichiarazione dei redditi.
In assenza sia della dichiarazione sostitutiva, di cui al quadro VX della dichiarazione IVA, che delle istanze preventive di interpello, nell’ottica di collaborazione con il contribuente e alla luce delle novità normative in commento, il rimborso può essere erogato qualora la società presenti un’autonoma dichiarazione sostitutiva su richiesta dell’Amministrazione Finanziaria, effettuata nell’ambito dell’attività istruttoria. Diversamente, l’operatività e l’assenza di perdita sistematica sono riscontrate nella dichiarazione dei redditi.
Nell’eventualità in cui dalla predetta dichiarazione emerga che la società ha attestato di trovarsi nelle “oggettive situazioni” autovalutate, l’Agenzia delle Entrate procede all’esecuzione del rimborso, restando impregiudicate le ordinarie attività di accertamento.
L’operatività “ex lege” della società è un requisito sostanziale ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso Iva e, in assenza di elementi, quali la dichiarazione sostitutiva, l’istanza di interpello, il test di operatività o la dichiarazione dei redditi, che attestino l’esistenza di tale operatività, la richiesta di rimborso non può considerarsi completa e, pertanto, il rimborso non può essere erogato.
Profili sanzionatori
Nel caso della richiesta di rimborso Iva formulata in presenza della sola dichiarazione sostitutiva, o dell’attestazione in dichiarazione dei redditi di trovarsi nelle “oggettive situazioni” autovalutate, laddove sia successivamente accertata dall’Agenzia delle Entrate l’assenza delle condizioni di cui all’art. 30, co. 4-bis, L. 724/1994 – e, quindi, la non spettanza del rimborso del credito Iva – il contribuente è sanzionabile, a norma dell’art. 5, co. 4, DLgs. 471/1997, dal 90% al 180% della differenza di credito utilizzato o rimborsato.
La CM 33/E/2016, par. 1.1, ha chiarito che, qualora il credito Iva non sia richiesto a rimborso, ma compensato ai sensi dell’art. 17, DLgs 241/1997, e sia constatata l’assenza delle condizioni richieste dalla norma, è prevista l’applicazione della sanzione del 30% del credito utilizzato, in virtù di quanto previsto dall’art. 13, co. 4, DLgs 471/1997, poiché si tratta di un credito esistente maturato a seguito di operazioni di acquisto effettuate, e rilevabile dalle scritture contabili e dai dati della dichiarazione annuale, ma non disponibile. Questa violazione può integrare il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti – ai sensi dell’art. 10-quater, co. 1, DLgs 10.3.2000, n. 74 – al superamento della soglia annuale di euro 50.000.
L’Agenzia delle Entrate ha pure precisato che, laddove si constati l’indebito utilizzo dell’eccedenza di credito a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi, in violazione dell’art. 30, co. 4, L. 724/1994 (che, al verificarsi di determinate condizioni e decorso il triennio, nega anche la compensazione “verticale”), il contribuente è sanzionabile nella misura del 90% dell’utilizzo indebito, a norma dell’art. 6, co. 6, DLgs 18.12.1997, n. 471.

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