Imponibilità della plusvalenza da lease back

La plusvalenza fiscale derivante da un’operazione di lease back deve essere assoggettata a tassazione, ai fini delle imposte sui redditi, in base alla durata del contratto di locazione finanziaria?

Risposta

Il trattamento da riservare, ai fini tributari, ai rapporti che scaturiscono da un contratto di lease back è stato illustrato dall’Amministrazione Finanziaria, nella C.M. n. 218/E/2000, giungendo, tra l’altro, alla conclusione che la cessione del bene alla società di leasing può comportare il conseguimento, in capo al venditore, di una plusvalenza imponibile (art. 86 del D.P.R. n. 917/1986) o di una minusvalenza deducibile dal reddito d’impresa, a norma dell’art. 101 del Tuir.
Ancorchè l’operazione di lease back presenti una peculiarità contabile, ovvero prevede la ripartizione dell’eventuale plusvalenza – che viene a manifestarsi in sede di cessione del bene strumentale – in funzione della durata del contratto di locazione stipulato (art. 2425-bis c.c.), tale previsione non comporta alcuna conseguenza in ordine alle modalità di tassazione della plusvalenza conseguita: tali componenti positivi di reddito rimangono imponibili interamente nell’esercizio in cui vengono realizzate, ovvero possono essere ripartite su più periodi d’imposta, sino ad un massimo di 5, qualora sussistano le condizioni previste dall’art. 86, co. 4, del D.P.R. 917/1986. In altri termini, ai fini fiscali, il lease back è considerato formato da due operazioni distinte, soggette ad autonomi regimi tributari: la cessione del cespite e la locazione finanziaria del bene stesso. Conseguentemente, in relazione alla cessione del bene strumentale oggetto del contratto di lease back, trova applicazione la disciplina fiscale ad essa ordinariamente riferibile.
I predetti principi sono, inoltre, confermati da alcuni ulteriori documenti dell’Amministrazione Finanziaria:
CC.MM. n. 8/E/2009, par 2.5, e n. 11/E/2009, par 6: la stipulazione di un contratto di lease back concretizza un’operazione che comporta il trasferimento giuridico del diritto di proprietà del bene;
R.M. n. 237/E/2009: la cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera un’unica plusvalenza, pari alla differenza tra il corrispettivo pagato e il costo fiscalmente riconosciuto dell’area comprensiva di fabbricato. Le medesime considerazioni si ritengono applicabili anche al caso in cui la società, cedendo il bene nell’ambito di un contratto di lease back, realizzi una plusvalenza fiscalmente rilevante, che concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile secondo i criteri stabiliti dall’art. 86, co. 4, del Tuir, ossia nell’esercizio in cui è realizzata ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto.
Alla luce di quanto sopra riportato, si può, pertanto, desumere che l’eventuale maggiore durata del contratto di leasing non potrà, in ogni caso, avere rilevanza sotto il profilo tributario nel senso di rateizzare, con maggiore dilazione, la plusvalenza conseguita. Conseguentemente, vista la diversa, e di regola più breve, temporalità con cui si manifesta l’imponibilità della plusvalenza rispetto alla competenza economica che presiede l’imputazione al bilancio d’esercizio, occorrerà necessariamente iscrivere, nel bilancio d’esercizio, le corrispondenti imposte anticipate: nell’esercizio in cui si manifesta la plusvalenza (ovvero, al più tardi, in quello di realizzo e nei quattro successivi) dovranno essere rilevate, quindi, le imposte pagate in dipendenza della frazione di plusvalenza che sarà imputata a conto economico nei periodi d’imposta successivi.

Esempio

La Alfa s.r.l. ha ceduto, in data 2.1.2015, al prezzo di euro 320.000 un impianto strumentale del costo di euro 600.000, ammortizzato per il 60%, nell’ambito di un’operazione di lease back: il contratto di locazione finanziaria è stato stipulato per una durata di 6 anni, con un maxicanone iniziale di euro 84.000, canoni semestrali di euro 20.000 a partire dalla data di conclusione del contratto, e prezzo di riscatto fissato in euro 80.000.
L’intera operazione comporta, con riferimento alla Alfa s.p.a., la rilevazione della cessione plusvalente dell’impianto, ovvero ad un prezzo (euro 320.000) superiore al valore netto contabile del bene (euro 240.000).
La plusvalenza realizzata, in quanto derivante dalla cessione di un bene strumentale, deve essere imputata alla voce A)5) del conto economico del bilancio d’esercizio 2015, tra gli “Altri ricavi e proventi”, se ricorrono le condizioni indicate dal principio contabile nazionale OIC 12, par. 51, lett. b), altrimenti deve essere iscritta nella voce E)20), tra i proventi straordinari. Tale componente positivo, ancorchè realizzato nel 2015, non è di esclusiva competenza di tale esercizio, ma deve essere ripartito, mediante l’utilizzo dei risconti passivi, lungo la durata del contratto di leasing (6 anni): il conto economico di ogni periodo amministrativo, dell’orizzonte temporale 2015-2020, deve essere gravato della relativa quota parte della plusvalenza (euro 80.000: 6 = euro 13.333,33).
Ciò comporta, naturalmente, un disallineamento civilistico-fiscale, in quanto la plusvalenza contabile di competenza civilistica del 2015 concorre alla formazione del reddito d’impresa in misura diversa in tale periodo d’imposta, e precisamente in forma integrale (euro 80.000) oppure parziale, nell’ipotesi di rateizzazione (euro 16.000, nel caso di sfruttamento del periodo massimo di beneficio. In altri termini, con riferimento al 2015, la Alfa s.p.a. si trova ad assoggettare ad imposizione una plusvalenza superiore a quella iscritta a conto economico, versando, quindi, l’Ires in misura maggior rispetto a quella che sarebbe emersa dalla risultanze civilistiche, con l’effetto che potrebbe esservi la necessità di rilevare le imposte anticipate. Ad esempio, nel caso di rateizzazione della plusvalenza fiscale, negli esercizi 2015-2019, la Alfa s.p.a. assoggetta ad imposizione l’importo di euro 16.000, a fronte del provento di euro 13.333,33 imputato, per competenza, a conto economico: la differenza (euro 2.666,67) costituisce la variazione in aumento operata in sede di dichiarazione dei redditi, e rappresenta la base di calcolo delle imposte anticipate, da assumere con l’aliquota Ires del 27,50% per il periodo d’imposta 2016 – e, quindi, in misura pari ad euro 733,33 – e del 24,00% per gli esercizi dal 2017 al 2019 (euro 640,00).

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