Utilizzo della riserva di rivalutazione per copertura perdite

In considerazione dell’attuale scenario economico, certamente caratterizzato dalla crisi economica ancora in essere, alcune imprese potrebbero avere necessità di utilizzare la riserva di rivalutazione creatasi per effetto della rivalutazione degli immobili, di cui al D.L. n. 185/2008, al fine di coprire le perdite dell’esercizio, ovvero quelle maturate negli esercizi precedenti. A tal fine, peraltro, la riserva di rivalutazione comporta un effettivo incremento del patrimonio netto della società, e, come tale, costituisce una riserva disponibile per l’utilizzo a copertura delle perdite. Tale utilizzabilità, pertanto, rileva anche ai fini della verifica delle condizioni di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (ovvero artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. per le srl). Tali disposizioni contengono precise indicazioni in merito agli obblighi di copertura delle perdite, laddove le stesse siano superiori al terzo del capitale sociale, ovvero lo riducano al di sotto del limite legale. In ogni caso, tale verifica deve essere eseguita dopo aver conservato le riserve disponibili, tra cui la riserva di rivalutazione.
Relativamente alla natura della riserva, per espressa previsione dell’art. 13, co. 2, della Legge 342/2000, la riserva di rivalutazione fa parte della famiglia delle riserve cd. “disponibili” all’interno del patrimonio netto, e quindi sia per la copertura delle perdite, sia per l’aumento del capitale sociale. Per una completa disamina del regime delle riserve dal punto di vista civilistico, si veda OIC n. 28, e il documento n. 6 della Fondazione Pacioli del 21.3.2006.
Premesso che dal punto di vista delle conseguenze fiscali, derivanti dall’utilizzo di tale riserva a copertura perdite, non si pongono particolari questioni critiche, è necessario verificare con attenzione gli aspetti civilistici connessi a tale utilizzo.
Come sopra anticipato, l’art. 13, co. 2, della Legge 342/2000 precisa che la riserva è disponibile per la copertura perdite, ma pone un preciso “paletto”, in quanto non è possibile procedere alla distribuzione di utili fino a quando la riserva stessa:
non è stata reintegrata;
• ovvero, non sia stata ridotta in misura corrispondente (al quantum utilizzato per la precedente copertura perdite), con delibera dell’assemblea straordinaria, pur senza l’osservanza delle disposizioni previste per la riduzione del capitale sociale, di cui all’art. 2445, co. 2 e 3, c.c. (la C.M. 19.3.2009, n. 11/E, conferma tale impostazione).
Relativamente alla prima ipotesi, ossia l’obbligo di reintegro, questo non può che avvenire con il vincolo di indistribuibilità degli utili che si formeranno negli esercizi successivi, sui quali l’assemblea dei soci, su indicazione dell’organo amministrativo, dovrà porre un preciso vincolo di indistribuibilità fino al momento in cui tali utili non raggiungano l’importo della riserva di rivalutazione in precedenza utilizzata.
In altri termini, l’ammontare degli utili prodotti negli esercizi successivi a quello di utilizzo della riserva per la copertura delle perdite, devono essere vincolati per il reintegro della riserva di rivalutazione. Solo nel momento in cui tali utili hanno raggiunto l’importo della (precedente) riserva di rivalutazione, si potrà procedere alla distribuzione degli utili eccedenti. In altre parole, sembrerebbe che si possa procedere alla distribuzione degli utili generati in esercizi successivi a quello di utilizzo della riserva a copertura delle perdite, solo se la società abbia previamente reintegrato la riserva stessa nella misura originaria.
In alternativa al reintegro della riserva, come detto, la società può procedere alla riduzione (definitiva) della riserva di rivalutazione con delibera dell’assemblea straordinaria, pur non rispettando le disposizioni dell’art. 2445, co. 2 e 3, c.c. (tali disposizioni si riferiscono all’ipotesi di riduzione del capitale sociale e prevedono che l’avviso di convocazione dell’assemblea dei soci deve contenere le ragioni e le modalità della riduzione, e comunque la delibera di riduzione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese, purchè entro tale termine nessun creditore sociale abbia fatto opposizione).
In tal senso, si possono verificare due situazioni:
• la perdita dell’esercizio è coperta con delibera dell’assemblea ordinaria;
• la perdita dell’esercizio è coperta con delibera dell’assemblea straordinaria.
Mentre in tale ultima fattispecie, che potrebbe realizzarsi quando la perdita è “rilevante” ai sensi degli artt. 2446 e 2447 c.c. (ovvero ex artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.), con conseguente intervento dell’assemblea in sede straordinaria, la riduzione definitiva della riserva trova la sua sede naturale, più complessa è la questione della copertura con delibera dell’assemblea ordinaria.
In tale ipotesi, infatti, poiché l’assemblea in sede ordinaria non può deliberare la mancata ricostituzone della riserva, è necessario che l’assemblea stessa, su indicazione degli amministratori, provveda a porre il vincolo di indistribuibilità degli utili che matureranno negli esercizi successivi.
Tuttavia, al fine di eliminare l’obbligo di ricostituzione, restano aperte anche le seguenti possibilità:
• l’assemblea, pur in sede ordinaria, delibera con la presenza di un notaio, con conseguente iscrizione della delibera stessa presso il registro imprese. In tal caso, tuttavia, si ritiene che il quorum deliberativo debba essere necessariamente quello previsto per l’assemblea straordinaria, altrimenti si “aggirerebbe” un preciso dettato normativo;
• alla prima assemblea straordinaria “utile”, i soci deliberano la riduzione definitiva della riserva, con conseguente (eventuale) liberazione degli utili che nel frattempo sono stati vincolati.

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