Perdite su crediti deducibili anche senza gli elementi certi e precisi

La rilevanza fiscale, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, delle perdite su crediti è stabilita dall’art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, così come modificato dall’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 147/2015, applicabile a partire dal periodo d’imposta in corso al 7.10.2015, ovvero dall’anno 2015, nel caso dei contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare. Rimane confermato che le perdite su crediti costituiscono un componente negativo fiscalmente rilevante se risultano da elementi certi e precisi, salvi alcuni casi specifici. Si tratta delle perdite su crediti di importo modesto e la cui scadenza sia decorsa da almeno sei mesi, oppure per i quali è prescritto il diritto alla riscossione: la medesima deroga è riconosciuta, nell’ipotesi di cancellazione dei crediti iscritti in bilancio a causa di eventi estintivi, ovvero in applicazione dei corretti principi contabili. Al di fuori di tali fattispecie, è comunque ammessa la deducibilità immediata, ovvero senza fornire ulteriori prove, se il debitore si trova in una delle seguenti situazioni:
• è assoggettato ad una procedura concorsuale italiana (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore). Si segnala, peraltro, che questi ultimi due istituti non sono indicati nell’art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, tra gli strumenti di soluzione della crisi d’impresa che consentono di beneficiare della deducibilità immediata della perdita su crediti in deroga al principio generale degli elementi “certi e precisi”. Tuttavia, si ritiene che anche tali istituti siano soggetti a questa disciplina agevolativa, in quanto qualificati come “procedure concorsuali” dalla Legge n. 3/2012, analogamente a quelle indicate nella predetta disposizione del TUIR (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi). Tale tesi è, inoltre, giustificata dalla circostanza che tali istituti, riguardanti i soggetti fallibili, si fondano su principi comuni agli strumenti indicati nell’art. 101, co. 5, del TUIR: il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti, con riferimento all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, e il fallimento relativamente al procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore. Trova, pertanto, applicazione il medesimo criterio – adottato in passato dall’Amministrazione Finanziaria (CC.MM. nn. 39/E/2002 e 26/E/2013) e, poi, codificato dall’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 147/2015 – previsto per le “procedure estere equivalenti previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni”, ovvero quelle aventi caratteristiche sostanzialmente similari agli strumenti di soluzione della crisi riportati nell’art. 101, co. 5, del TUIR;
• ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942;
• ha adottato un piano attestato di risanamento di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), L. fall., iscritto presso il registro delle imprese (novità dall’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 147/2015, applicabile dal periodo d’imposta in corso al 7.10.2015);
• è assoggettato ad una procedura estera equivalente prevista in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni (novità dall’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 147/2015, applicabile dal periodo d’imposta in corso al 7.10.2015).
Alla luce del suddetto ordine, così come riportato nell’art. 101, co. 5, del TUIR, si deve ritenere che il concetto di “equivalenza estera” non sia riferito esclusivamente alle procedure concorsuali italiane, ma anche all’accordo di ristrutturazione dei debiti e al piano attestato di risanamento. L’obiettivo perseguito dal legislatore, mediante l’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs. n. 147/2015 è stato, infatti, quello di considerare – ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, in deroga al principio generale degli “elementi certi e precisi”, e analogamente alla disciplina introdotta dalla precedente lett. a), con riferimento alle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti (art. 88, co. 4-ter, del D.P.R. n. 917/1986) – istituti analoghi all’accordo di ristrutturazione dei debiti, previsti dalla legislazione di Stati esteri. È il caso, ad esempio, della procedura fallimentare di ristrutturazione societaria denominata “Chapter 11” prevista dal Federal Bankruptcy Code degli Stati Uniti d’America, in passato – prima dell’entrata in vigore dell’art. 13, co. 1, lett. c), del D.Lgs n. 147/2015 – esclusa dall’applicazione dell’art. 101, co. 5, del TUIR, in quanto ritenuta equiparabile all’abrogata amministrazione controllata (C.M. n. 39/E/2002, par. 4). Ora, come anticipato, tale istituto è, invece, soggetto alle suddette disposizioni come, peraltro, chiarito dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 147/2015, secondo cui “risulta del tutto equivalente agli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis del RD 267/1942”. La procedura “Chapter 11” prevede, infatti, la predisposizione di un piano di rimborso intero o parziale delle passività, per consentire al debitore di continuare la gestione delle attività e riorganizzare l’impresa. Il piano di ristrutturazione viene convalidato dal Tribunale fallimentare, che ammette il debitore alla procedura soltanto quando ritiene che l’impresa abbia la possibilità di superare validamente la fase di illiquidità senza causare medio tempore – ovvero finchè la procedura di ristrutturazione è in corso – un pregiudizio ai creditori, con l’effetto di ottenere un risultato superiore (in termini di soddisfacimento delle ragioni creditorie) rispetto all’immediata liquidazione dell’azienda.
Per quanto concerne, invece, la nozione di “Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni”, si potrebbe fare riferimento al D.M. 27.4.2015, emanato a norma dell’art. 1, co. 678, della Legge 23.12.2014, n. 190.
L’art. 13, co. 1, lett. d), del D.Lgs. n. 147/2015 ha, inoltre, aggiunto il co. 5-bis dell’art. 101 del D.P.R. n. 917/1986, stabilendo una specifica regola di deducibilità applicabile ai crediti di modesta entità oppure a quelli vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali italiane, o estere equivalenti, o che hanno concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o pubblicato, presso il registro delle imprese, un piano attestato di risanamento: la deduzione della perdita sui crediti è ammessa, ai sensi del co. 5, nel periodo di imputazione in bilancio, anche qualora tale iscrizione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, ai sensi del predetto comma, sussistono gli elementi certi e precisi o il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

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